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papo La terza ipotesi
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Riduzione all'Open Individualism

Come arrivare ad una nuova versione di monopsichismo ragionando in modo riduzionista

di Iacopo Vettori - Dicembre 2017

Il Problema Esistenziale Generale e il Problema Esistenziale Individuale

55. Un argomento definitivo è possibile: l’Open Individualism rappresenta l’unica risposta possibile a quello che ho chiamato “il Problema Esistenziale Individuale”, che solo adottando l’Open Individualism può essere ricondotto a quello che ho chiamato “il Problema Esistenziale Generale”, che è un problema comune a tutte le ontologie, anche a quelle che non implicano alcuna teoria sull’identità personale. Sfortunatamente, non è facile comprendere il carattere ineludibile del Problema Esistenziale Individuale, e per questo può sembrare insignificante o di banale soluzione a chi non ne afferri il senso profondo. Ma una volta che esso sia compreso nella sua essenza, il suo potere si rivela tanto dirompente, e l'unicità della soluzione offerta dall’Open Individualism diventa così evidente, che qualsiasi altro argomento potrebbe essere considerato come una conseguenza accessoria di questo argomento principale.

56. È utile iniziare discutendo il Problema Esistenziale Generale. Questo è il nome che uso per l’antica domanda “Perché il mondo esiste?”. Qui il senso della domanda non è quello di suggerire che ci sia qualche scopo immanente nell’esistenza del mondo, esprime unicamente il nostro stupore nel fatto che siano avvenuti tutti gli eventi che hanno reso possibile l’esistenza del mondo e della vita. È utile considerare due aspetti di questo problema: l’Aspetto Teorico e l’Aspetto Pratico.

57. L’Aspetto Teorico riguarda il problema relativo alla progettazione del mondo, e più precisamente, di un mondo contenente la vita. Sappiamo che in natura esiste un insieme di numeri assoluti (ad esempio, i rapporti tra le quattro forze fondamentali) che devono essere perfettamente calibrati per rendere possibile l’esistenza degli atomi e delle molecole come noi li conosciamo. Se noi fossimo Dio (ma qui intendo “Dio” come un architetto cosmico, non come un essere magico che può agire anche contro le leggi fisiche), dovremmo trovare questa calibrazione perfetta prima di creare fisicamente il mondo, e potremmo anche chiederci se una simile combinazione funzionante possa veramente esistere. Così dovremmo svolgere una gran quantità di lavoro teorico preparatorio, ipotizzando delle formule e verificarle calcolando i risultati, fino a trovare finalmente la formula giusta. Una volta fatto questo, avremmo risolto l’Aspetto Teorico del Problema Esistenziale Generale. A quel punto potremmo assumere il ruolo di “muratore cosmico” e costruire un vero mondo concreto, imponendo le leggi fisiche necessarie per ottenere la giusta calibrazione tra le forze fondamentali. Se potessimo creare lo spaziotempo e tutta la materia / energia necessaria, in modo che seguano le regole trovate, avremmo risolto anche l’Aspetto Pratico del Problema Esistenziale Generale.

58. L’Aspetto Teorico per Problema Esistenziale Generale dovrebbe suscitare la nostra meraviglia, perché non dovremmo dare per scontato che tra tutte le possibili combinazioni di leggi fisiche, esistesse almeno una soluzione teorica al problema di generare un mondo in grado di ospitare la vita. Non intendo “un mondo abitabile”, ma un mondo in cui dalle molecole organizzate in modi sempre più complesse si possa arrivare a cervelli in grado di generare menti pensanti. Avrebbe potuto accadere che per creare la vita fossero necessarie condizioni impossibili, come la richiesta dell’esistenza di tre interi che rappresentassero una soluzione dell’equazione a3 + b3 = c3. A priori, nulla poteva garantire che potesse esistere almeno un modello matematico dell’universo che lasciasse spazio all’apparizione della mente. Poteva darsi il caso che l’apparizione della mente richiedesse delle condizioni contraddittorie. In effetti, noi sappiamo che almeno una soluzione è possibile solo perché ci abitiamo dentro.

59. L’Aspetto Pratico del Problema Esistenziale Generale corrisponde alla stessa idea che Stephen Hawking ha descritto nel suo libro Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo: “Che cos’è che infonde vita nelle equazioni e che costruisce un universo che possa essere descritto da esse?” (cap. 11, “Conclusioni”). Intendo dire che se fossimo Dio, una volta risolto l’Aspetto Teorico del problema, ci resterebbe ancora da costruire una istanza concreta del modello teorico. Avere la documentazione completa necessaria per costruire un aeroplano non significa che si possa volare: dobbiamo ancora costruire l’aeroplano.

60. In realtà, il ragionamento sulla dissolvenza delle differenze tra i concetti di “tipo” e “istanza”, introdotto durante la critica al concetto di identità applicato agli oggetti, ed in particolare, applicato all’universo nella sua interezza, mi induce a pensare che l’Aspetto Pratico del Problema Esistenziale Generale non sia così importante quanto lo è l’Aspetto Teorico. Il “tipo” del nostro universo concreto corrisponde al suo modello matematico. L’“istanza” di un oggetto è qualcosa che deriva dalla combinazione di un dato tipo e di una identità. Abbiamo già discusso di come l’identità degli oggetti sia sempre riconducibile ad una convenzione, basata sulla struttura interna degli oggetti e la loro relazione geometrica con gli altri oggetti circostanti (anche se questa seconda condizione non è applicabile all’universo nella sua interezza). L’unico concetto di identità che non è riducibile a una convenzione è l’identità della mente che sperimenta la vita all’interno di un universo. Seguendo questo punto di vista, l’identità dell’universo diventa una proiezione della mente degli esseri viventi che ne hanno esperienza. L’Open Individualism ci consente di considerare tutte queste menti come forme differenti di uno stesso fenomeno della soggettività, di modo che, alla fine, sia l’identità della mente che l’identità dell’universo diventano inutili. Secondo questo punto di vista, l’Aspetto Pratico si può risolvere considerando il fenomeno della soggettività capace di sperimentare direttamente il modello dell’universo, senza la necessità di una creazione effettiva di una istanza del modello. Questa concezione rappresenta una forma di idealismo che non è necessario condividere per sostenere l’Open Individualism, ma che ci permette di considerare la fecondità di questa idea.

61. Adesso siamo pronti ad affrontare quello che ho chiamato il Punto Critico del Problema Esistenziale Generale. La nostra semplice esistenza nell’universo dimostra che l’esistenza della mente è qualcosa consentito da uno speciale insieme di complesse regole matematiche e fisiche. Possiamo considerare superficialmente il problema di concepire un progetto di universo che in qualche modo possa ospitare la vite cosciente. Possiamo pensare che, considerando praticamente infiniti tutti i possibili modelli di universo, sia normale che alcuni di essi possano consentire l’apparizione della vita, e questo è sicuramente vero almeno per il nostro universo. Ma io credo che sia sbagliato sottostimare questo problema. Il Punto Critico del Problema Esistenziale Generale, che riguarda sia l’Aspetto Teorico che l’Aspetto Pratico, è questo: anche se noi trovassimo un modello di universo completo e matematicamente coerente che teoricamente permette la presenza della mente, ragionando in termini strettamente fisici o matematici, niente potrebbe garantirci che l’attualizzazione di un tale modello di universo possa implicare l’attualizzazione della mente permessa dal modello. La creazione fisica del modello, nonostante lasci lo spazio per l’esistenza della mente, potrebbe dare origine a un mondo di zombie che agiscono meccanicamente senza alcuna autoconsapevolezza. Questo è dovuto al fatto che tutte le condizioni fisiche e matematiche sono caratterizzate dalla loro oggettività, mentre l’esistenza delle mente è qualcosa che si manifesta solo soggettivamente, dalla nostra esperienza diretta. Naturalmente tutti noi siamo convinti che anche le altre persone abbiano una vera mente, ma possiamo essere assolutamente sicuri solo dell’esistenza della nostra mente. Siamo costretti a riconoscere che l’attualizzazione del modello del nostro universo si è verificato contestualmente alla stessa attualizzazione della mente generata dalle strutture fisiche che esso ha permesso, ma l’effettiva esistenza della mente non poteva essere data per scontata prima che accadesse. Noi possiamo solo constatare che questo è quello che è accaduto. Questo punto è cruciale perché mette insieme il ragionamento logico e oggettivo sulla coerenza e la razionalità del nostro modello di universo e l’immediato e indiscutibile fatto della nostra esperienza soggettiva dell’esistenza della mente. Bisogna tenere presente che l’esistenza della mente non può essere dedotta da alcuna legge fisica: possiamo solo accettarla, riconoscere che esiste per esperienza diretta; l’esistenza della mente non è soggetta all’indagine scientifica, perché implica necessariamente un fattore soggettivo.

62. L’Aspetto Pratico è insignificante senza l’evenienza di questo Punto Critico. E in realtà, mi chiedo quale sia il significato di “esistenza” quando si riferisce a un mondo di zombie o a qualsiasi altro tipo di mondo che non contenga osservatori e che non possa scambiare alcuna informazione con un universo abitato da osservatori. L’esistenza di un mondo isolato e non sperimentato da alcun osservatore, rappresenta una sorta di sfida al significato della parola “esistenza”. Come si può affermare che un mondo si sia “attualizzato” se non ammette alcun osservatore, o è popolato da zombie senza una vera mente? Questo è il motivo per cui sono convinto che la soluzione dell’Aspetto Pratico del Problema Esistenziale Generale, cioè dell’attualizzazione di un modello teorico in un mondo “reale”, dipenda dalla contestuale attualizzazione della mente di cui il modello permette l’esistenza. Il modello offre le condizioni necessarie costituite dall’ambiente adatto e dai fenomeni fisici adatti a produrre la vita. Ma senza l’apparizione imprevedibile del fenomeno della soggettività, queste condizioni non sarebbero sufficienti.

63. Questa posizione è la stessa del fisico John Wheeler, che ha proposto il “Principio Antropico Partecipativo”, secondo il quale, anche senza considerare l’Open Individualism, l’esistenza della mente è la condizione chiave per l’attualizzazione di un modello teorico di universo. Il modello teorico di universo deve essere un modello matematico coerente che permette alla mente di esistere, e inversamente, l’esistenza della mente permette al modello teorico di attualizzarsi in una esistenza concreta. Per questa dipendenza reciproca, non si tratta di un modello dualista, ma potrebbe essere classificato come un Monismo dal Doppio Aspetto (Dual-Aspect Monism), secondo il quale la materia e la mente sarebbero due aspetti diversi di una realtà più profonda, o anche come Idealismo, perché è la presenza della mente a discriminare quali strutture teoriche possano essere attualizzate. Ad ogni modo, queste classificazioni sono limitate alle mie considerazioni sul Problema Esistenziale Generale dalla prospettiva dell’Open Individualism, ma non sono obbligatorie per tutte le interpretazioni dell’Open Individualism. È possibile pensare che, in qualche senso, da qualche parte esistano realmente tutti i diversi tipi di universo che possiamo immaginare, ma il Punto Critico resta sempre questo: l’attualizzazione della mente non è un evento di cui si possa prevedere l’evenienza soltanto dall’attualizzazione di un modello di universo teoricamente compatibile con la creazione delle strutture da cui la mente può essere generata.

64. Adesso iniziamo a considerare il Problema Esistenziale Individuale, tenendo presente i ragionamenti fatti sul Problema Esistenziale Generale. Il Problema Esistenziale Individuale riguarda la nostra presenza personale nel numero totale di tutti gli esseri viventi. Una volta accettato il fatto che la vita esiste, possiamo considerare con stupore il fatto di trovarci ad essere parte di questa multiforme esistenza, di essere uno dei molti esseri viventi possibili. Se accettiamo l’Open Individualism, il problema si risolve immediatamente: tutti gli esseri viventi non sono che le diverse forme che possono essere sperimentate dal fenomeno della soggettività, anche se ogni volta è soggetto all’inganno di ritenersi limitato a sperimentare unicamente la forma in cui si trova. Ma se non conosciamo la soluzione proposta dall’Open Individualism, siamo costretti a pensare che ogni essere vivente, o almeno ogni essere cosciente, abbia una propria identità personale numericamente differente da quella di ogni altro, e allora dobbiamo affrontare questo problema: “Poiché tutti gli altri esseri viventi sono ‘non-me’, a priori niente poteva garantire che tra tutti i possibili esseri viventi, ne sarebbe esistito uno che era precisamente ‘me’. Così, devo concludere che, anche se la mia esistenza concreta è stata solo una questione di casualità, io sono e sono sempre stato il beneficiario di una possibilità di esistere, il che è comunque una sorta di privilegio esclusivo, anche se si trattasse di una singola possibilità all’interno dell’intero insieme di tutti i mondi possibili”.

65. Mentre il Problema Esistenziale Generale esprime l’antica questione sull’esistenza del mondo, o meglio, sull’esistenza di un mondo che ha consentito l’esistenza della vita, il Problema Esistenziale Individuale esprime lo stupore individuale nel trovarsi a partecipare in prima persona a questo mondo. Come abbiamo già fatto per il Problema Esistenziale Generale, conviene distinguere tra l’Aspetto Teorico, l’Aspetto Pratico e il Punto Critico del Problema Esistenziale Individuale.

66. L’Aspetto Pratico del Problema Esistenziale Individuale può essere affrontato in qualche modo anche senza considerare l’Open Individualism, ma dobbiamo essere consapevoli che per riuscire a dargli una risposta soddisfacente dobbiamo accettare alcune conseguenza che non sono generalmente riconosciute come accettabili, perché implicano l’accettazione di alcune affermazioni non falsificabili. Invece, l’Aspetto Teorico e il Punto Critico del Problema Esistenziale Individuale sono più complicati da comprendere, e possono essere risolti solo dall’Open Individualism. Per queste ragioni, è conveniente iniziare la discussione esaminando l’Aspetto Pratico del Problema Esistenziale Individuale.

67. L’Aspetto Pratico del Problema Esistenziale Generale riguardava l’attualizzazione di uno dei modelli teorici di universo che ammette l’esistenza della vita, dando per certo che almeno un universo di questo tipo fosse possibile. Allo stesso modo, l’Aspetto Pratico del Problema Esistenziale Individuale riguarda l’attualizzazione della mia persona fisica, ossia la mia nascita, dando per certo che almeno uno di tutti i possibili esseri viventi abbia tutte le condizioni necessarie per fare emergere la mia mente. È possibile osservare subito come dal punto di vista dell’Open Individualism questo non sia un problema, perché in questo caso tutti i possibili esseri viventi sono differenti esperienze dello stesso fenomeno della soggettività che ognuno sperimenta come ‘la mia mente’. Ma vediamo se è possibile risolvere il problema basilare della nostra esistenza individuale adottando altri punti di vista.

68. In ogni altra teoria diversa dall’Open Individualism, la nostra identità personale è definita da alcune condizioni che ci caratterizzano in modo univoco. Queste condizioni non possono essere definite in modo chiaro perché lo stesso problema dell’identità personale non ha una soluzione chiara. Per le teorie riduzioniste, queste condizioni devono essere condizioni fisiche; devono essere collegate alla materia che costituisce il nostro cervello, oppure alla configurazione che i neuroni hanno assunto nel nostro cervello. Le teorie non riduzioniste introducono un elemento non fisico per differenziare gli individui tra loro, e dunque le condizioni che caratterizzano la nostra identità personale non sono definibili in termini fisici, ma tuttavia devono esistere in qualche modo, poiché anche queste teorie ammettono che ogni individuo abbia una propria identità personale.

69. L’Aspetto Pratico del Problema Esistenziale Individuale riguarda le probabilità che queste condizioni possano accadere. Spesso ci si riferisce a questo problema con la domanda “quali erano le probabilità che io potessi esistere?”. Considerando tutti i fatti che hanno preceduto la nostra nascita che generalmente si ritengono necessari per la nostra esistenza, come ad esempio essere nati dai nostri genitori in un momento preciso della loro vita, si può concludere che queste probabilità siano estremamente piccole. Un buon esempio di questo tipo di calcolo si può trovare alla pagina http://blogs.harvard.edu/abinazir/2011/06/15/what-are-chances-you-would-be-born/. Nel suo saggio, Joe Kern formalizza questo ragionamento in modo molto preciso, chiamandolo “l’asserzione della dipendenza dai gameti” (“gamete-dependence claim”). L’argomento centrale di Arnold Zuboff, nel suo articolo “One Self -The Logic of Experience”, è che la differenza di probabilità tra il nascere certamente in ogni possibile vita e il nascere per caso con delle probabilità bassissime e si traduce direttamente nella differenza di probabilità tra la correttezza dell’Open Individualism (o dell’“Universalism”, secondo la sua nomenclatura), e quella di ogni possibile alternativa. Considerare le condizioni ritenute necessarie per la nostra esistenza corrispondenti all’incontro tra due ben precisi gameti dei nostri genitori è sicuramente l’opinione più diffusa, ma altri studiosi associano l’identità personale a condizioni dalla durata più effimera di quella di una intera vita, e quindi proporrebbero un diverso calcolo delle probabilità. Ad esempio, i riduzionisti come Parfit pensano che durante l’intera vita del nostro corpo fisico, diverse identità personali possano succedersi una dopo l’altra, mentre la Connettibilità Psicologica tra il nostro stato attuale e uno passato del nostro cervello si modifica con il tempo. Secondo questo punto di vista, la nostra esistenza, definita come la persistenza della nostra identità personale in questa corsa a staffetta, potrebbe ridursi a qualche anno o a qualche mese o a un intervallo di tempo ancora più piccolo. Malgrado questo, anche secondo questo punto di vista, deve esistere un certo numero di condizioni che sono attualmente soddisfatte per fare sì che adesso noi possiamo esistere, anche se sembra chiaro che le corrispondenti probabilità continuano ad essere estremamente piccole.

70. Per controbilanciare una probabilità così bassa, se non si vuole accettare l’Open Individualism, la soluzione più ragionevole è postulare che siano possibili molti altri universi alternativi, in modo che tra tutti possano ricoprire tutte le diverse combinazioni possibili, e quindi non sia una sorpresa trovarci ad esistere proprio in quel mondo in cui tutte le necessarie condizioni si sono avverate. Questa è la congettura non falsificabile che le teorie alternative all’Open Individualism devono accettare per giustificare la nostra esistenza individuale, visto che le probabilità sono così incredibilmente basse. L’Open Individualism non richiede questa congettura per rendere conto dell’attualizzazione della nostra esistenza, ma sono comunque favorevole ad accettare ugualmente la congettura, semplicemente per motivi di simmetria, considerando che anche altri universi sono probabili come il nostro. Ma anche in questo caso, non bisogna dimenticare che l’Open Individualism, per essere effettivo e rappresentare una vera risposta ai problemi che stiamo discutendo, deve necessariamente essere valido trasversalmente in ognuno di questi universi: il fenomeno della soggettività non cambia identità sulla base delle condizioni fisiche che riescono a generarlo, e dunque deve essere sempre lo stesso attraverso tutti gli universi possibili.

71. Max Tegmark, in un famoso articolo sulla classificazione di tutti gli universi teoricamente possibili (“Universi Paralleli”, Le Scienze, 2003), arriva alla generalizzazione definitiva per cui ogni struttura matematica può rappresentare un universo, ma per poter ospitare la vita questa struttura deve essere molto grande e complessa, come è ad esempio il modello del nostro universo. Nella sua generalizzazione, non solo considera tutti i diversi tipi di universo, ma anche tutte le possibili evoluzioni di ogni tipo di universo. Questo offre un supporto all’idea che, malgrado le probabilità incredibilmente piccole di venire al mondo, ognuno di noi possa riuscire a ritrovarsi vivo, in almeno uno di questi universi. Ma questo modello ci suggerisce che in qualche altro universo, le stesse condizioni potrebbero tornare ad avverarsi più e più volte, lasciandoci la possibilità di vivere ogni possibile variazione della nostra vita attuale. Questo è uno degli inevitabili effetti collaterali nel giustificare la nostra esistenza attuale con l’ipotesi dell’esistenza di un numero sufficiente di universi alternativi. Molti di questi universi potrebbero essere identici al nostro fino a questo momento, e poi iniziare ad essere differenti in qualche istante futuro. Altri potrebbero essere stati diversi fino a un certo punto della loro storia, ma poi iniziare ad essere identici da un certo punto in poi. Ma vorrei far notare che quando iniziamo a considerare ragionevole pensare di poter vivere tutte le possibili variazioni della nostra vita, non richiede un grande salto concettuale immaginare di poter vivere anche tutte le possibili variazioni di tutte le possibili vite.

72. La possibilità di rivivere la nostra vita ogni volta che in qualche universo si verifica di nuovo la stessa combinazione degli eventi che ci hanno portato in vita questa volta, è difficile da accettare da chi si appella al riduzionismo, perché ricorda il concetto di reincarnazione di alcune religioni. Alcuni preferiscono pensare che anche accettando che esistano tutti gli universi possibili, compresi alcuni in cui si verificano le stesse condizioni che ci hanno portato in vita, la nostra esistenza individuale è limitata a questo. Se la vita delle nostre repliche è del tutto uguale alla nostra, si può pensare che sia indifferente ritenere che l’identità personale sia la stessa oppure no. Ma se la vita delle nostre repliche diverge dalla nostra a partire da un certo punto della vita in poi, questo significherebbe che la nostra attuale identità personale dipende anche da eventi futuri che ancora non ci sono accaduti. Questo è ragionevole se postuliamo che tutti i possibili universi siano sia rigidamente deterministi e che anche se l’evoluzione di alcuni di essi sia apparentemente identica fino a un certo stadio, sia in realtà predeterminata da alcune variabili nascoste che non hanno modo di manifestare la loro presenza fino al momento in cui non influenzano la realtà macroscopica. È come se la storia di ogni particella fosse espressa da un numero con infinite cifre decimali: anche se due numeri sono uguali fino all’ennesima cifra decimale, niente impedisce loro di iniziare ad essere differenti da una certa cifra in poi. È anche possibile pensare che la nostra identità personale sia strettamente limitata a un piccolo intervallo di tempo nella vita del nostro corpo, e che le future variazioni accadranno comunque a una persona diversa, non importa in quale universo essa si troverà a vivere. Ma tutte queste congetture non sono falsificabili, e quindi tutte le teorie corrispondenti possono essere ritenute non scientifiche.

73. Malgrado tutte queste sottigliezze, non dobbiamo confondere l’Aspetto Pratico del Problema Esistenziale Individuale con l’Aspetto Teorico. Tutte le cose che abbiamo discusso finora sulla probabilità della nostra esistenza, sono relative alla probabilità che venga all’esistenza un individuo che abbia tutte le caratteristiche che si vogliono considerare cruciali perché abbia esattamente la nostra identità personale. In questa formulazione, non importa se si pensa che tali eventi possano corrispondere unicamente alle circostanze che hanno portato alla nostra nascita, o a circostanze meno rigidamente definite, che possono avverarsi in molte nascite differenze, oppure a circostanze relativa a un particolare ed effimero stato cerebrale che domani potrebbe essere già svanito. È possibile pensare addirittura che i requisiti per l’esistenza della nostra identità personale abbiano la durata di un singolo istante, che noi sperimentiamo con la falsa illusione che la nostra vita si svolga in un flusso continuo, mentre invece siamo imprigionati in un solo fotogramma. Ma qualunque sia la nostra opinione, in tutti questi punti di vista noi diamo sempre per scontato che l’esistenza della nostra mente sia in qualche modo possibile, o in altre parole, che l’Aspetto Teorico del Problema Esistenziale Individuale abbia una soluzione. Ma come accadeva per l’Aspetto Teorico del Problema Esistenziale generale, anche in questo caso dobbiamo tenere presente che anche se la nostra esistenza prova in modo evidente che l’esistenza della nostra mente era un fatto possibile in un modo o nell’altro, non fornisce una risposta valida al fatto che proprio noi dovessimo trovarci ad essere i destinatari di una di queste possibili esistenze, non importa quanto improbabili. La questione più profonda sulla mia esistenza personale non è l’attualizzazione della mia possibilità di vita, ma il più basilare fatto di trovarmi ad essere un partecipante nell’insieme di tutti i possibili destinatari di un’opportunità di vivere. La cosa sorprendente non è che le condizioni che hanno portato alla mia esistenza si siano verificate, ma che tali condizioni esistessero; che una delle possibili combinazioni di eventi fisici prevedesse come esito la creazione di una mente che io recepisco come “mia”. Finché pensiamo che ognuno di noi abbia una propria e distinta identità personale, sarà impossibile evitare di chiederci: “Come è accaduto che io, anch’io, sia uno dei tanti possibili esseri viventi? Devo accettare questa partecipazione come data ‘per caso’, senza possibilità di alcuna spiegazione?”.

74. Per capire meglio il problema, ho trovato molto utile la metafora del proprietario di un biglietto della lotteria. Immaginate di essere il proprietario di un biglietto di una lotteria. Il biglietto ha un numero univoco che vi identifica come il proprietario. Possiamo anche immaginare che il numero sia composto da milioni di cifre, e che queste cifre codifichino in qualche modo tutte le condizioni che voi ritenete necessarie per portarvi all’esistenza. In questo modo possiamo essere sicuri che esista un biglietto diverso per ogni persona con una identità personale diversa. La lotteria inizia, e cominciano ad essere estratti diversi numeri uno dopo l’altro. Immaginate che ogni volta che è estratto un numero, il possessore del biglietto con il numero corrispondente inizia a vivere. Nonostante l’enorme numero di biglietti che possono esistere, se le estrazioni continuano all’infinito presto o tardi anche il vostro numero sarà estratto, ed anche voi verrete alla luce. Questo risolve l’Aspetto Pratico del Problema Esistenziale Individuale, e come si può vedere, la soluzione è semplicemente continuare ad estrarre numeri indefinitamente. Possiamo immaginare che una volta estratto, ogni numero sia rimesso nell’urna, in modo che sia disponibile per un’altra estrazione, permettendovi di nascere infinite volte; oppure si può preferire pensare che una volta estratto sia gettato via, in modo che sia impossibile nascere due volte. Questo corrisponde a pensare che ogni possibile storia dell’universo possa accadere una sola volta. Ma in ultima analisi, queste due alternative non sono tanto diverse in uno scenario eternalista.

75. Il vero sconcerto nella metafora del proprietario del biglietto della lotteria si suscita solo quando si considera che, al di là di tutte le discussioni sulla probabilità, siamo i legittimi possessori di un biglietto, stiamo partecipando alla lotteria. Questo è lo sconcerto che ci deve cogliere quando consideriamo l’Aspetto Teorico del Problema Esistenziale Individuale. Se pensiamo che ogni individuo abbia una propria identità personale indipendente da tutte le altre, e che dunque anche la nostra è diversa da quella di ogni altro individuo, allora ci troviamo a dover dare una risposta al fatto di fare parte di questo “gioco di tutte le vite possibili”, nonostante il fatto che il gioco sarebbe esistito e sarebbe stato giocato anche se la nostra mente non fosse mai esistita. Per questo, è impossibile dare una ragione razionale che spieghi perché la nostra partecipazione individuale fosse necessaria. Non bisogna confondersi pensando che non è mai stata necessaria, che la nostra nascita individuale è avvenuta per caso, facendoci diventare parte del gioco. Questo sarebbe di nuovo l’Aspetto Pratico del problema. L’Aspetto Teorico afferma che il nostro coinvolgimento personale era necessario almeno come esito potenziale. È come affermare che la lotteria non poteva iniziare finché non abbiamo comprato il biglietto. Poi la lotteria è iniziata, e alla fine ci ritroviamo ad avere vinto, malgrado tutte le probabilità contrarie. Suona un po’ come una frode, anche se organizzata a nostro favore.

76. A questo punto, un’obiezione comune è che anche tutte le condizioni necessarie a permettere la mia esistenza devono essere contate nella somma di tutti i possibili eventi, e dunque non possiamo sorprenderci della loro esistenza. È come affermare che anche il biglietto con il mio numero doveva esistere, malgrado la mia opinione sulla sua esistenza. E anche se i numeri sono infiniti, ogni numero deve essere su qualche biglietto e presto o tardi può essere estratto. Non importa quale sia il mio numero: anche se non fosse mai estratto, tutti i numeri devono necessariamente esistere, disponibili ad essere estratti al prossimo sorteggio. Ma questa obiezione non dà una vera risposta al mio sconcerto sul fatto di trovarmi qui, a partecipare a questo gioco.

77. Il Punto Critico del Problema Esistenziale Individuale è che niente avrebbe mai potuto garantirmi che un biglietto dovesse essermi assegnato. Dopo aver detto tutto quello che abbiamo già detto, dovrebbe essere chiaro che non è il numero del mio biglietto a definire la mia identità personale, ma è la mia identità personale che mi permette di definire il numero del biglietto come “il mio numero”. Ogni numero, o ogni insieme di cause che si vogliano considerare necessarie per portarci in vita, non hanno e non definiscono una identità da cui si possa ereditare la nostra identità personale. Posso sempre immaginare facilmente di possedere un altro numero di biglietto, che corrisponde all’immaginare di essere nato altrove, da altri genitori, con altre caratteristiche personali. E posso anche immaginare di non essere nato per nulla, senza mai aver avuto alcuna possibilità di nascere, il che corrisponde a immaginare di non possedere alcun biglietto della lotteria. Il mio biglietto avrebbe potuto appartenere a “qualcun altro”, come del resto è accaduto ad ogni altro biglietto, se noi crediamo che ogni persona abbia una propria distinta identità personale.

78. Alcune persone criticano questo esempio come dualista, perché per esprimerlo devo necessariamente richiedere di ragionare come se noi fossimo spiriti in attesa di una chance di vivere, possedendo i nostri biglietti numerati. Bisogna tenere presente che questa è solo una metafora per spiegare il Punto Critico del Problema Esistenziale Individuale, e che la metafora è valida solo se non accettiamo il punto di vista dell’Open Individualism. Se invece noi lo accettiamo, ecco che non abbiamo più bisogno di immaginare biglietti e lotterie. La metafora vuole mostrare che negando l’Open Individualism, dobbiamo rendere conto della nostra partecipazione al gioco della vita, non importa quali siano le cause contingenti della nostra esistenza.

79. Il semplice fatto che esistono persone diverse da me, che “non sono io”, mi permette di immaginare che anche l’individuo con il mio corpo e il mio cervello avrebbe potuto benissimo essere “un’altra persona”, invece di essere “me”, nello stesso modo in cui si pensa che una persona che fosse una mia replica identica non sarebbe davvero me, specialmente se io fossi vivo quando viene creata. Si possono tentare numerosi ragionamenti per giustificare il motivo per cui non dovrei meravigliarmi di trovarmi ad essere me, ma questi ragionamenti sono inefficaci perché confondono il problema di “trovarmi ad essere proprio uno come me”, invece del più basilare problema di “trovarmi ad essere qualcuno”, indipendentemente dalle caratteristiche individuali che mi ritrovo. Dal punto di vista in prima persona mio e di ognuno di noi, sarà sempre legittimo considerare insoddisfacente qualsiasi tentativo di giustificare la nostra esistenza individuale con qualche ragionamento logico, perché questo ragionamento dovrebbe riuscire a spiegare, sulla base delle circostanze concrete che hanno concorso alla formazione del mio corpo e del mio cervello, la formazione di una cosa soggettiva come la mia identità personale. Questo è impossibile per lo stesso motivo che rende impossibile definire l’identità personale: in realtà, niente ha un’identità assoluta, tutte le identità riferite a oggetti fisici alla fine si rivelano basati su delle convenzioni di comunicazione o su qualche indimostrabile proprietà o concezione intrinsecamente dualista. Alla fine, è solo la mia (sia pure illusoria) identità personale, ovvero la mia esperienza del fenomeno della soggettività, a permettermi di definire l’identità del mio corpo, e poi, per generalizzazione, di tutti gli oggetti che ci circondano, e non il contrario. Io so di essere proprio l’individuo che sono solo perché mi sono ritrovato ad esserlo, ma questo non basta a dimostrare che io tornerò ad esistere ogni volta che un corpo esattamente uguale al mio sarà creato in qualche maniera.

80. Il Punto Critico del Problema Esistenziale Individuale ha la stessa criticità del Punto Critico del Problema Esistenziale Generale: in entrambi i casi, la criticità nasce dal tentativo di dare delle ragioni oggettive (la materia fisica, le strutture, gli eventi) per spiegare un fatto soggettivo come l’esistenza della mente, e, per il Problema Esistenziale Individuale, della mente molto specifica che io sperimento come “la mia mente”. È impossibile definire con una metodologia oggettiva l’identità di un oggetto fisico a cui sia possibile ancorare l’identità di una mente specifica. E finché sono convinto di avere un’identità personale differente da quella di ogni altro individuo, qualsiasi ragionamento si possa escogitare, resterà sempre impossibile trovare delle ragioni oggettive che possano giustificare l’esistenza di un fenomeno soggettivo che so che esiste solo perché lo sperimento in prima persona. Finché crederemo di avere ognuno una propria identità personale, ci ritroveremo sempre a fissare il biglietto della lotteria nelle nostre mani, chiedendoci perché ci troviamo lì, con quel biglietto in mano, costretti ad accettare il nostro destino senza poterlo capire né discutere.

81. Il Punto Critico del Problema Esistenziale Individuale è definitivamente irrisolvibile anche per le teorie dualiste. Anche in questo caso, e direi anzi specialmente in questo caso, la mia esistenza personale è demandata a qualcosa di inesplicabile che dobbiamo accettare come un dato di fatto, senza possibilità di discussione. E anche in questo caso, finché siamo convinti di avere una nostra propria identità personale, ci ritroveremo sempre lì, a fissare il biglietto nelle nostre mani, costretti ad accettare il nostro destino senza poterlo capire né discutere.

82. Adesso, consideriamo di nuovo l’Open Individualism: a fronte di una nuova concezione del tempo, che resta tuttavia coerente con la nostra esperienza, ci offre l’unica soluzione possibile al Punto Critico del Problema Esistenziale Individuale, riduce l’Aspetto Teorico del Problema Esistenziale Individuale all’Aspetto Teorico del Problema Esistenziale Generale (che è indipendente da ogni teoria dell’identità personale) ed offre una spiegazione diretta dell’Aspetto Pratico del Problema Esistenziale Individuale, lasciando aperta una completa varietà di scelte per la vostra teoria dell’universo preferita. Posso ben capire perché mi ritrovo ad essere il proprietario del mio biglietto della lotteria: in realtà, sono il proprietario di tutti i biglietti, che perdono così ogni importanza, e finalmente possiamo disfarci di loro di tutta la lotteria. Una volta che si ritiene accettabile la distinzione tra tempo esterno che non scorre e molteplici tempi soggettivi che scorrono, l’Open Individualism ci offre la soluzione più chiara a tutti i problemi che riguardano l’identità personale. Ogni altra teoria dovrà essere più convincente almeno su qualcuno di questi punti per competere con l’Open Individualism. Il fatto che richieda una concezione del tempo che contraddice il nostro senso comune non è una obiezione solida. La fisica contemporanea ha già dimostrato che il nostro senso comune e la nostra concezione del tempo non sono adatti a descrivere quello che accade negli esperimenti con particelle elementari o in condizioni fisiche estreme. Ma oltre a tutto questo, l’Open Individualism offre una soluzione chiara a una grande varietà di problemi che riguardano la coscienza e l’identità personale. 

Continua nella prossima pagina "Elenco dei problemi risolti o semplificati".

 

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