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papo La terza ipotesi
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Argomenti a Favore della Individualità Aperta

di Iacopo Vettori - Gennaio 2012

“Ma non ha niente addosso!” disse un bambino alla fine.
(Hans Christian Andersen, "I vestiti nuovi dell’Imperatore")

3) Il crollo di un’assunzione sulla vita data per scontata

Perché “abbastanza probabile per una vita, non abbastanza probabile per più di una” è un pregiudizio senza una base seria, sia nelle teorie riduzioniste che in quelle dualiste.

Un punto molto criticato dell’OI è che sembra essere necessariamente mistico, perché il soggetto-in-sé condiviso è comunemente immaginato come un grande spirito che si manifesta in ciascuna delle nostre vite, e comunemente si presume che la sua esistenza debba essere indipendente da qualcosa di materiale, altrimenti si suppone che la sua identità potrebbe perdersi per sempre. Io non credo che l’OI abbia bisogno di un tale spirito, e questo è il motivo per cui chiamo “riduzionista” la versione di OI che sottoscrivo, intendendo che penso che l’esistenza della coscienza richieda l’esistenza di qualche forma di materia strutturata, in modo simile al fatto che lo spazio e il tempo non possono essere pensati da soli, senza la presenza di qualcosa di materiale che cambia. L’idea di un grande spirito che si reincarna è solo una rappresentazione che siamo propensi a crearci a causa della nostra difficoltà di immaginare come la non-località possa essere sperimentata soggettivamente.

Siamo naturalmente costretti ad immaginare una sequenza di vite, ma se penso che la mia persona stia per vivere la vita A e la vita B nello stesso mondo M, è impossibile stabilire un ordine temporale assoluto, perché il tempo è qualcosa di ereditato dal mondo M, senza una realtà assoluta esterna ad esso. La questione se l’ordine sia (A, B) oppure (B, A) è qualcosa di necessario per il nostro modo di pensare, ma in realtà non può neanche essere posta. Può essere di qualche aiuto immaginare di sperimentare una temporanea divisione del cervello come quella descritta da Derek Parfit in “Reasons and Persons” (cap.12) o anche da Roger Penrose in “La mente nuova dell’imperatore” (cap.9). Immaginate di poter usare un dispositivo in grado di separare temporaneamente le due metà del vostro cervello, dividendo il vostro flusso di coscienza in due, permettendo a ciascuna metà del vostro “io” di dedicarsi ad un compito differente in modo indipendente dall’altra metà. Quando le due metà si uniscono di nuovo insieme, potreste ricordare come ciascuna metà del vostro “io” avesse creduto di essere l’unica metà seguita dal flusso di coscienza originario, meravigliandosi di come fosse strano sentire l’altra metà come se fosse controllata da qualcun altro. Ma dopo il ricongiungimento conclusivo, non sareste in grado di assegnare un ordine cronologico alle due mezze-esperienze. Sarebbe piuttosto come se il tempo stesso si fosse diviso in due, invece del vostro flusso di coscienza. Io credo anzi che proprio questo sarebbe il modo più corretto di interpretare questa situazione. Possiamo immaginare che in futuro potremmo sperimentare una connessione multipla tra cervelli. Penso che la persona risultante sarebbe consapevole di tutte le singole persone che la compongono, ma sarebbe impossibile stabilire il corpo originale dal quale ognuno dei partecipanti ha iniziato la connessione, ed una volta divisi di nuovo in tanti corpi disconnessi, nessuno sarebbe veramente sicuro di essere la stessa persona che era prima. Io credo che questo resti vero anche se noi non possiamo sperimentare alcuna unione collettiva di cervelli nelle nostre vite normali. 

Tuttavia, questo “effetto di trasmigrazione” sembra sempre qualcosa di mistico se paragonato alla tradizionale posizione atea secondo la quale siamo nati per caso e alla fine della nostra vita moriremo per sempre. Sembra che sia la cosa più razionale da pensare, e qualsiasi alternativa appare più fantasiosa e mistica, escogitata solo per superare la nostra naturale paura della morte, ed assecondare il nostro desiderio di immortalità. Ma la mia critica qui si basa su considerazioni logiche che sono indipendenti dalla proposta dell’OI, e riguardano sia le teorie riduzioniste che quelle dualiste. La visione materialista tradizionale ha il problema di giustificare la nostra nascita personale come un caso strano che però poteva accadere. La spiegazione comunemente proposta potrebbe essere riassunta così: “Non puoi meravigliarti di essere nato, perché se tu non fossi nato, non saresti qui a meravigliartene. Poi, una volta che sarai morto, tornerai nel nulla da dove sei venuto, per rimanerci per sempre”. È possibile avere un’altra occasione? “No”, è la risposta comune: “La probabilità della tua nascita era così bassa, che una volta data, è impossibile che si verifichi una seconda volta”. Il punto è che anche per una teoria della categoria del Closed Individualism (teoria della identità chiusa) o dell’Empty Individualism (teoria dell’identità vuota), questa assunzione non può essere giustificata da un punto di vista logico. Mi piace provocare i miei amici chiedendo loro: “Allora, il ‘nulla’ in cui eri prima di nascere è diverso dal ‘nulla’ in cui andrai dopo la tua morte”, perché il primo aveva la potenzialità di generare la tua vita, mentre il secondo no. Questo sembra piuttosto controintuitivo.

Come abbiamo visto discutendo il modello informatico con la tabella TEVC, ogni teoria riduzionista non-OI dovrebbe essere in grado di definire la mia persona come un essere cosciente con un gran numero di attributi, forse addirittura infiniti,forse non tutti indispensabili per la mia sopravvivenza, ma un certo numero di essi potrebbero catturare completamente quanto è necessario per definire in modo preciso la mia identità personale, ossia l’identità del mio soggetto-in-sé. Tralasciamo per il momento il caso di un numero infinito di attributi, assumendo che essi siano un numero finito. Quando diciamo che, dato che la mia persona è uno dei possibili esiti, allora il mondo, presto o tardi, può generare proprio me, stiamo assumendo implicitamente che anche se perdo per pochissimo un’occasione di nascere, se aspetto abbastanza a lungo posso avere un’altra opportunità. Altrimenti, niente al mondo potrebbe giustificare il “colpo di fortuna cosmica” che ho fatto cogliendo al volo la mia unica chance in tutta l’eternità. Se si vuole, si può anche pensarla così: ma bisogna essere consapevoli che in questo modo stiamo introducendo un’assunzione mistica del tipo “il mondo (casualmente o no) era progettato per generarmi ad un certo punto della sua storia, per farmi prendere la mia unica occasione al momento giusto, ed escludendo per sempre gli altri esiti teoricamente possibili ma che non si sono realizzati”. Così dovrei considerarmi come il destinatario di una “grazia”, o almeno di un’estrema fortuna. Basta pensare solo al caso che i miei genitori non si fossero mai incontrati. Se non presumo che in questo mondo possano accadere un numero veramente enorme di storie, incluse tutte le varianti di quelle che sappiamo essere realmente avvenute, non posso assumere che “presto o tardi” io dovevo nascere. Dovrei considerarmi “benedetto dalla grazia” o qualcosa del genere, perché per caso sono riuscito a cogliere l’unica opportunità che avrei mai potuto avere.

Se vogliamo evitare questa assunzione mistica, dobbiamo pensare di avere più di un’occasione per nascere, ad esempio possiamo pensare che esistano molti mondi, così che in uno di essi possa accadere che si verifichino insieme tutte le condizioni necessarie per generare me, ossia per generare un essere vivente che abbia esattamente tutti gli attributi che abbiamo assunto come necessari per definire la mia identità personale. Possiamo immaginare che il nostro mondo sia infinito oltre i limiti del nostro orizzonte cosmico, o che esistano molti mondi in un multiverso, o ci sia un ciclo infinito di Big Bang e “Big Crunch”, o forse un solo mondo soggetto al Teorema di Ricorrenza di Poincaré. Ma a questo punto, niente ci impedisce di pensare che possa esistere più di un mondo in cui la mia persona possa essere generata, ed anche alcuni mondi in cui la mia persona possa essere generata più di una volta, anche nello stesso intervallo di tempo, forse a distanze intergalattiche. Secondo l’articolo di Max Tegmark “Parallel Universes” in Scientific American del Maggio 2003, se il nostro universo è infinito oltre il nostro orizzonte cosmico, dovremmo aspettarci di trovare una nostra copia esatta particella per particella ad una distanza media di 10 elevato a 10 elevato a 28 metri lontano da qui. Una intera copia di una sfera con il nostro stesso orizzonte cosmico potrebbe trovarsi a circa 10 elevato a 10 elevato a 118 metri lontano da qui. E se crediamo che un giorno saremo in grado di produrre artificialmente degli esseri viventi coscienti definiti in tutti i loro dettagli, possiamo immaginare di generare interi eserciti di repliche della stessa persona, non solo cloni con lo stesso DNA, ma copie identiche, ognuna con la stessa precisa configurazione cerebrale. Così, per ogni teoria riduzionista, dovremmo concludere che se la tua vita è qualcosa di “abbastanza possibile” da essere generato almeno una volta, allora è anche “abbastanza possibile” per essere generata infinite volte. Così, non dobbiamo preoccuparci: in ogni caso, siamo destinati a nascere di nuovo dopo la nostra morte, anche se non esiste alcun mondo ultraterreno. Questo può sembrare mistico, ma in realtà è meno mistico che presumere che esistano delle condizioni restrittive per evitare la generazione di repliche perfette anche attraverso tutti i mondi possibili. Si potrebbe pensare al mondo come una collezione completa di tutti gli eventi possibili, e che ciascuno di noi ne rappresenti esattamente uno. Questo è un interessante modello statico, ma richiede che noi riconsideriamo il nostro concetto di tempo, ed anche la locuzione “una sola volta” in questo caso perde il suo significato. Ad ogni modo, poiché questo modello cosmologico può proficuamente essere usato insieme all’OI, ne ridiscuteremo nell’ultima parte di questo documento.

Bisogna notare che queste conclusioni si applicano a tutte le teorie riduzioniste, non importa se sono teorie non-OI. Possiamo pensare che l’identità personale cambi appena cambia un solo bit di informazione nella descrizione di un essere vivente cosciente, o che nella descrizione esista qualcosa che possa conservare la nostra identità personale per una vita intera, o anche che siamo tutti la stessa persona: in ogni caso, questi problemi tecnici sono presenti in ogni teoria riduzionista. L’OI usa la non-località come una regola generale, mentre le teorie non-OI devono ammetterla solo per casi particolari, come anche l’idea di nascite multiple, che le teorie riduzioniste non-OI non possono evitare senza ammettere per compensazione un concetto nascosto a un livello più profondo che però risulta essere più mistico, in quanto deve assumere che gli eventi abbiano favorito la nostra esistenza individuale in modo eccezionale.

Prendiamo in considerazione le teorie dualiste. Per gli scopi di questa dimostrazione, possiamo discuterle insieme alla teoria riduzionista che abbiamo tralasciato, dove si assumeva che per la definizione della nostra identità personale fosse necessario un numero infinito di attributi. Per le teorie dualiste, può esserci o meno un insieme di attributi necessario per generare la mia persona, ad ogni modo questi non sono sufficienti perché avremo sempre bisogno di un elemento extra che non è definibile (se lo fosse, potremmo aggiungerlo alla nostra descrizione, e la teoria potrebbe essere gestita come se fosse una teoria riduzionista). Questo significa che anche se la combinazione di attributi che mi definisce parzialmente si realizzasse un’altra volta in un altro mondo, essa genererebbe un essere cosciente come me, ma probabilmente con una diversa identità personale. Nel caso di una teoria riduzionista con un numero infinito di attributi, potremmo invece pensare che, una volta che la mia combinazione sia stata data, sia statisticamente impossibile che essa sia generata un’altra volta, perché richiederebbe un numero infinito di attributi regolati in modo esatto, di modo che la probabilità di selezionare una combinazione specifica potrebbe essere calcolata come il limite di una serie che tende a zero.

In questo caso il problema è che la mia nascita sarebbe statisticamente impossibile anche la prima volta. È impossibile appellarsi ad una disponibilità di tempo infinita o a un numero infinito di mondi. La ragione è che ogni mondo ed ogni evento di nascita sono cose che possono essere contate, anche se ne esiste una serie infinita. Ma il numero totale di entità che richiedono una descrizione di lunghezza infinita non può essere contato (non hanno la stessa cardinalità dei numeri interi). La ragione è che è impossibile immaginare una procedura che possa restituire uno dopo l’altro tutti gli elementi dell’insieme. Può sembrare che l’esistenza di questa procedura non sia necessaria, e potremmo presumere che sia sufficiente aspettare abbastanza a lungo la nostra occasione di vivere, ma non è così. Solo l’esistenza di una tale procedura potrebbe garantire che dato un qualsiasi elemento dell’insieme, presto o tardi dovrà essere selezionato, se ripetiamo la procedura un numero sufficiente di volte. Questo resta vero anche se non usiamo quella procedura e selezioniamo gli elementi in qualsiasi altro modo, inclusa la scelta a caso.

Nel caso della teoria riduzionista con un numero infinito di attributi, la ragione è di tipo matematico, come Georg Cantor ha dimostrato con il suo “argomento diagonale” applicato ai numeri reali, che hanno infinite cifre decimali e per questo possono rappresentare entità che richiedono una descrizione di lunghezza infinita. È istruttivo notare che non possiamo usare tutti i numeri reali, ma solo quelli che sono computabili con qualche algoritmo, e questo sottoinsieme risulta avere la stessa cardinalità dei numeri interi, mentre i numeri reali hanno la cardinalità del continuo, come spiegato in “La mente nuova dell’imperatore” di Roger Penrose. Nel caso delle entità indefinibili delle teorie dualiste, si può vedere che non può esistere neanche una procedura per approssimare un elemento con una precisione sempre crescente. Incidentalmente, questo criterio si applica per qualsiasi numero di copie perfette di oggetti che possa mai essere prodotto. Si pensi a qualche microscopico cristallo che possa essere costruito usando come modello una data struttura molecolare. Teoricamente, quante copie potremmo costruire? Infinite come i numeri interi? Molte di più: siamo limitati solo dalle risorse fisiche e dal tempo disponibile, ma poiché non c’è modo di definire un algoritmo che possa distinguere tutte le copie teoricamente possibili ed elencarle esaustivamente, la cardinalità dell’insieme di tutte le copie perfette di qualcosa è più grande della cardinalità dell’insieme dei numeri interi. Anche questo è un indizio dei problemi insiti nella nostra ingenua concezione di “istanza” e di “identità di istanza” discussi in precedenza, e ci impedisce di ragionare su un teorico insieme di “tutti i possibili esseri viventi con tutte le loro possibili copie fisiche”, sperando che un tale insieme debba essere così vasto da dover certamente contenere anche le mia individuale persona fisica per essere esaustivo.

In entrambi i casi, non possiamo fare appello all’espressione di buon senso “dato un intervallo di tempo infinito, tutto può accadere, per quanto improbabile”. Questa asserzione richiede che le condizioni perché qualcosa accada siano un numero finito, per quanto enorme, come sarebbe se potessimo descrivere un intero cervello umano con un’accuratezza che raggiungesse il livello della scala di Plank, così essa potrebbe essere applicabile solo a quelle teorie riduzioniste che non richiedono una quantità infinita di dati per definire univocamente l’identità personale degli esseri viventi coscienti. Malgrado questo limite, questi esseri viventi potrebbero essere un numero infinito come lo sono i numeri interi. Ma se si vuole aderire ad una teoria dualista, o a una teoria riduzionista per la quale siano necessari infinite informazioni per definire l’identità personale, siamo costretti ad accettare come “dato” senza alcuna ragione logica il fatto di essere delle “persone predestinate”, nate malgrado il fatto che la probabilità matematica fosse zero. Questa è senza possibilità di dubbio una assunzione mistica. Allora, cos’è meno mistico? Immaginare che esistano delle regole universali che favoriscono la mia esistenza, o evitano che la mia esistenza si possa ripetere più di una volta, o assumere che, constatato il dato di fatto che la mia presenza qui e ora garantisce che la mia nascita fosse un evento possibile, allora continuerà a rimanere possibile ogni volta che, in qualche mondo, siano soddisfatti tutti i prerequisiti necessari? Io penso che la seconda opzione sia la più logica e la meno mistica, perché non costringe alcuna legge universale a comportarsi in modo particolare nei miei riguardi, almeno non oltre quel punto che ancora sembra incomprensibile, ma di cui dobbiamo prendere atto, ossia la possibilità della mia stessa nascita. Questo ci porta direttamente al prossimo problema che dobbiamo affrontare, che risulta avere solo l’OI come unica risposta razionale.

Continua sulla prossima pagina: Il Problema Esistenziale Individuale.

 

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