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papo La terza ipotesi
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Argomenti a Favore della Individualità Aperta

di Iacopo Vettori - Gennaio 2012

“Ma non ha niente addosso!” disse un bambino alla fine.
(Hans Christian Andersen, "I vestiti nuovi dell’Imperatore")

Questo documento è la trascrizione di quattro post che ho inviato al gruppo di Facebook “I am You: Discussions on Open Individualism” nell’Ottobre 2011, dove ho esposto la mia formulazione più recente degli argomenti che mi hanno portato a sostenere la Teoria della Individualità Aperta, in inglese “Open Individualism” (OI), adottando una particolare versione che ho provocatoriamente chiamato “Teoria Riduzionista dell’Individualità Aperta”, che penso possa essere considerata un’evoluzione della visione metafisica laica e materialista. In realtà questa proposta ha delle caratteristiche che le permettono di superare la distinzione tra riduzionismo e dualismo, ma poiché la Teoria dell’Individualità Aperta è facilmente interpretata come se implicasse una specie di “Anima Cosmica” che ha una valenza religiosa, il mio scopo nel classificarla come una teoria riduzionista è stato quello di dimostrare che questa visione mistica non è necessaria ed è fuorviante. Questa trascrizione integra nel testo alcuni paragrafi aggiunti per chiarire meglio quello che ad una seconda lettura mi è sembrato poco chiaro, e parte delle note che ho scritto per rispondere ai commenti fatti da altri membri del nostro gruppo, che qui voglio ringraziare: Gordon Cornwall, Denis Antonov, David Nyman, Jeff Henry, Luke Clayborn Hopper, Steven Blair, Andres Gomez Emilsson. Desidero ringraziare anche Daniel Kolak, Edward Miller e Jonatas Muller per le discussioni avute in precedenza con loro, che mi hanno aiutato a migliorare le mie argomentazioni.

Questo documento è disponibile come file pdf a www.iacopovettori.it/laterzaipotesi/ArgomentiProOI.pdf.

0) Introduzione

Una panoramica sui problemi relativi all’identità personale con introduzione alla terminologia usata.

Poiché nella discussione che segue si usa una terminologia nota ai membri del gruppo di Facebook “I Am You: Discussions on Open Individualism”, ma questo documento intende rivolgersi a un pubblico più ampio, mi è sembrato opportuno aggiungere questa breve introduzione. Uno dei problemi più importanti dell’identità personale è quello della persistenza del soggetto. Dalla fisiologia sappiamo che nell’arco della nostra vita il nostro corpo subisce dei cambiamenti così profondi che nessun elemento fisico o psicologico rimane immutato, eppure siamo certi di essere la stessa persona che eravamo da bambini, fin dove la nostra memoria si riesce a spingere. Questo si esprime dicendo che anche se siamo cambiati in modo radicale sia fisicamente che psicologicamente, non è cambiata la nostra identità personale. Storicamente, ci sono due famiglie di teorie alternative: le teorie dualiste e le teorie riduzioniste. Secondo le teorie dualiste, ciascuno di noi ha un’anima non materiale che è in grado di rimanere la stessa anche attraverso tutti i cambiamenti fisici che sperimentiamo. Le teorie dualiste moderne non usano il termine “anima” che ha valenze religiose, ma comunque devono appellarsi a qualcosa di non identificabile univocamente in termini fisici, e poiché l’esistenza questo “qualcosa” non può essere provato, sono accusate di non essere scientifiche. Secondo le teorie riduzioniste non esiste niente che non sia riconducibile alla materia, ma una volta accertato che il nostro corpo cambia continuamente sia nella sua struttura sia nella materia che lo compone, è difficile risolvere il problema della persistenza della nostra identità personale.

Derek Parfit nel suo libro “Reason and Persons” del 1984, propone di considerare illusoria questa continuità dell’identità personale: poiché le differenze tra una persona al momento dell’infanzia e la stessa persona nell’età adulta sono enormi, scientificamente non ci sono validi motivi per ritenere che si tratti veramente della stessa persona: questa illusione sarebbe dovuta unicamente al fatto che la persona adulta ha ereditato dalla persona originaria la memoria e tutte le caratteristiche individuali che si sono conservate attraverso tutti i cambiamenti dovuti alla crescita. In pratica, Parfit nega che l’identità personale possa persistere immutata per l’intera vita, ma questo significa che, malgrado l’apparenza, il bambino che sono stato, la persona adulta che mi trovo ad essere oggi e l’anziano che forse mi troverò ad essere in futuro non sono veramente la stessa persona come attualmente credo: in realtà, avrei iniziato a vivere qualche tempo fa in un corpo già sviluppato e con tutti i ricordi che credo siano miei, e tra qualche tempo svanirò di nuovo, sostituito da un altro “io” che erediterà il corpo e i ricordi che ho ereditato io, con le modifiche intervenute durante la mia presenza. Ci sono diverse opinioni su quanto possa essere lungo l’intervallo di tempo che mi è concesso. Nella forma più radicale di questa teoria, la mia esistenza non sarebbe più lunga di un solo istante.

Daniel Kolak ha sviluppato una teoria alternativa che risolve il problema della persistenza e l’ha descritta nel suo libro “I Am You”. Ha proposto anche una nomenclatura che consente di distinguere le tre famiglie di teorie in discussione. La teoria tradizionale, secondo la quale ognuno ha una identità personale precisa che dura dalla nascita alla morte è chiamata “Closed Individualism” (CI), cioè “Teoria dell’Individualità Chiusa”, intendendo dire che l’identità personale di ogni individuo è separata da quella degli altri ed è in qualche modo legata al suo corpo fisico, anche se questo comporta una soluzione non ancora ben definita del problema della persistenza. La teoria di Parfit è chiamata “Empty Individualism” (EI), cioè “Teoria dell’Individualità Vuota”, intendendo dire che l’identità personale viene ridotta a qualcosa di molto effimero e, nella sua forma più radicale, praticamente a nulla. Il problema della persistenza è risolto semplicemente rinunciando alla persistenza. La nuova teoria che Kolak propone è chiamata “Open Individualism”, cioè “Teoria dell’Individualità Aperta”, intendendo dire che l’identità personale non è qualcosa legato ad un singolo corpo fisico, ma è la stessa in tutti gli esseri viventi, almeno in quelli che hanno una coscienza di sé. Anche questo risolve il problema della persistenza perché non è più necessario trovare qualcosa che si trasmetta immutato attraverso un’intera vita: in ogni attimo di consapevolezza di ogni essere cosciente, l’“io”, colui che sperimenta quell’attimo di vita è sempre lo stesso, anche se si manifesta contemporaneamente in tutte le persone viventi in quello stesso attimo.

Ad esprimerla così sembra un’idea pazzesca, ma esaminando attentamente tutti i problemi relativi all’identità personale, ci si può rendere conto che questa teoria è l’unica in grado di offrire sempre delle risposte razionali. Inoltre, considerando dei casi molto speciali, si può vedere che tutte le stranezza che sembra richiedere siano in realtà inevitabili anche per le teorie alternative. Alla fine, più si mette alla prova questa teoria e più ne esce rafforzata, mentre le differenze con le alternative finiscono con l’essere marginali. Ho avuto la fortuna di arrivare in modo autonomo a questa soluzione teorica, che inizialmente avevo chiamato “la terza ipotesi”, ed ho scoperto che ha illustri predecessori in oriente, in alcune correnti dell’Induismo, ed anche nella tradizione filosofica occidentale, attraverso Sigieri di Brabante e Averroè che la fa risalire ad Aristotele. In seguito, è stata dichiarata eretica e quindi abbandonata per molti secoli. Quando ho conosciuto il lavoro di Kolak sono stato felice di vedere come l’idea fosse stata di nuovo ripresentata in forma moderna. Dopo aver studiato il suo libro, ed essere venuto a conoscenza del dibattito attuale sull’identità personale, ho cercato di affinare la presentazione delle idee che mi hanno portato ad abbracciare questa teoria, con un punto di vista a volte molto personale, ma cercando di esprimerlo sempre meglio in termini familiari agli specialisti di questo dibattito. Spero che il mio sforzo possa essere utile per suggerire argomenti e riflessioni sia a chi già condivide questa idea, sia a chi non la crede ancora convincente.

Continua sulla prossima pagina: Un modello informatico dell’identità personale.

 

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